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Abusi edilizi, demolizione o multa? Ecco quando si può scegliere

Una sentenza del Consiglio di Stato chiarisce i casi in cui il Comune può sostituire la demolizione di un edificio abusivo col pagamento di una multa.

Il Consiglio di Stato, attraverso la sentenza 5128/2018, ha spiegato il meccanismo tramite il quale il Comune può sostituire la demolizione di un edificio col pagamento di una multa, eventualità che deve essere valutata nella fase esecutiva del procedimento e non esclude l’emissione dell’ordine di demolizione.

Quando si può scegliere

Secondo i giudici: “la repressione di abusi edilizi costituisce un atto vincolato, la cui motivazione soddisfa i requisiti di legge anche quando si riduce all’affermazione dell’accertata irregolarità dell’intervento, risultando superflua ogni specifica comparazione tra interesse pubblico e gli interessi privati coinvolti o sacrificati”. Ovvero, gli abusi edilizi devono essere sempre puniti ed eliminati, a prescindere dagli eventuali danni che potrebbero subire i responsabili degli interventi. Ecco perché il Comune, in ogni caso, deve comunque emettere l’ordine di demolizione qualora venga comprovato l’abuso edilizio. La stessa Amministrazione, nel caso in cui la demolizione avvenga “senza pregiudizio della parte eseguita in conformità”, può scegliere tra l’esecuzione della demolizione o una multa alternativa. Da quanto si apprende nella sentenza infatti: “La possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria deve essere valutata dall’Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all’ordine di demolizione: il dato testuale della legge è univoco ed insuperabile, in coerenza col principio per il quale, accertato l’abuso, l’ordine di demolizione va senz’altro emesso”.
In presenza di rischi alle parti di edificio in regola, “il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione”. In altre parole, si tratta di casi che spesso si verificano quando alcuni interventi vengono eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo rilasciato. Fattispecie in cui non rientra l’ampliamento senza permessi di un edificio preesistente.

Il caso

Nel caso preso in esame dal CdS, il Comune aveva respinto una richiesta di condono, presentata in seguito all’ampliamento di un immobile, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi. I responsabili, invece, sostenevano che il Comune avrebbe dovuto comminare una sanzione pecuniaria anziché ordinare la demolizione.
I giudici, prendendo in causa la Legge 326/2003, hanno chiarito che gli abusi realizzati nelle zone sottoposte a vincolo o in violazione degli strumenti urbanistici, non possono essere sanati. Nella fattispecie presa in esame, tutto il territorio comunale era stato dichiarato “di notevole interesse pubblico”, motivo per cui l’Amministrazione aveva negato il condono.
Il Consiglio di Stato ha ribadito inoltre che gli interventi edilizi effettuati su immobili situati in aree sottoposte a vincoli di notevole interesse pubblico e paesaggistico possono essere sanati solo nell’ambito di interventi minori, quali opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria.
In tal caso, non trattandosi di un intervento minore e dal momento che il ripristino dello stato dei luoghi poteva avvenire senza procurare danni all’edificio costruito legittimamente, i giudici hanno escluso il condono confermando l’ordine di demolizione.

 

 

 

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