La Cassazione spiega che l’esame della validità tecnica e delle condizioni del suolo sul quale sorgerà l’opera spettano all’appaltatore anche senza accordi preventivi.
La verifica della validità tecnica del progetto fornito dal committente e le condizioni del suolo sono da responsabilità dell’appaltatore anche se non c’è nessun accordo che lo prevede. È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza 5144/2020.
Il caso
Nel caso preso in esame dai giudici un Comune aveva preteso il pagamento della penale per la ritardata esecuzione dell’opera appaltata, al contempo l’impresa appaltatrice aveva chiesto il pagamento di maggiori somme per gli esborsi sostenuti a causa di ritardi nei lavori, suo avviso causati da imprevisti dovuti alle condizioni del sottosuolo e dalla sospensione dei lavori disposta dal Comune.
Quest’ultimo, secondo l’impresa, aveva effettuato una verifica preventiva del sottosuolo dalla quale non era possibile desumere lo stato di fatto costringendo l’appaltatore a sospendere i lavori e compiere indagini con conseguente aumento dei costi. In primo grado il Tribunale aveva respinto le richieste dell’impresa accogliendo le ragioni del Comune, l’impresa appaltatrice però continuava a ribadire l’assenza di responsabilità visto che il Comune avrebbe dovuto predisporre un progetto esecutivo completo ed esaustivo.
La responsabilità dell’appaltatore
Il parere del giudice ordinario è stato poi ribadito dalla Cassazione, la quale ha affermato che “nell’appalto pubblico e privato rientra tra gli obblighi di diligenza dell’appaltatore esercitare il controllo della validità tecnica del progetto fornito dal committente anche in relazione alle caratteristiche del suolo su cui l’opera deve sorgere, posto che dalla corretta progettazione, oltre che dall’esecuzione dell’opera, dipende il risultato promesso”. I giudici hanno spiegato che la scoperta in corso d’opera di peculiarità geologiche del terreno, tali da impedire l’esecuzione dei lavori, non giustificano i ritardi nell’esecuzione dell’opera e l’appaltatore è tenuto a sostenere i maggiori costi dovuti all’allungamento dei termini dei lavori. L’appaltatore, dunque, non ha responsabilità solo se prova che le particolari condizioni geologiche del terreno non erano accertabili con strumenti, conoscenze o procedure normali. La Cassazione ha invece giudicato illegittima la sospensione dei lavori, disposta dal Comune, e accordato all’impresa appaltatrice un risarcimento, da quantificare in altra sede.