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Edilizia, quali sono i tempi per impugnare il permesso di costruire?

Cantieri

Il Consiglio di Stato, attraverso la sentenza 962/2020, ha spiegato da quale momento decorre il termine di 60 giorni per fare ricorso e impugnare il permesso di costruire.

Un soggetto danneggiato da un intervento edilizio può impugnare il permesso di costruire che lo ha autorizzato entro 60 giorni dimostrando il danno subìto. Lo spiega la sentenza 962/2020 del Consiglio di Stato.

Il caso

Al centro del caso esaminato dai giudici alcuni interventi di demolizione e ricostruzione con ampliamento volumetrico, autorizzati in base al Piano Casa regionale vigente nella zona. Di fronte al Tar, i vicini del soggetto in questione avevano impugnato i permessi di costruire sostenendo che il nuovo fabbricato superava l’altezza massima e le distanze minime consentite dalla legge. Il tribunale aveva respinto il ricorso motivando la propria decisione con la mancata dimostrazione del danno subìto dalla realizzazione dell’intervento.
In seguito al responso, i vicini erano ricorsi in appello al Consiglio di Stato, sottolineando numerose irregolarità nei titoli abilitativi rilasciati poiché, a loro avviso, il Comune non aveva verificato se l’urbanizzazione primaria esistente fosse adatta ad assorbire il maggior carico urbanistico.

I termini decorrono dall’inizio lavori

Il Consiglio di Stato ha confermato la decisione del Tar perché, oltre a non aver dimostrato il danno, i vicini avevano presentato ricorso quando ormai erano scaduti i termini per l’impugnazione del permesso di costruire. Per legge, infatti, gli interessati hanno a disposizione 60 giorni per impugnare il permesso di costruire. Al centro della disputa c’è però la decorrenza dei termini: secondo i vicini, i termini per l’impugnazione decorrevano dal momento della “conoscenza piena ed integrale” dei contenuti del permesso di costruire, avvenuta al momento dell’accesso agli atti; secondo i giudici, invece, per piena conoscenza non si intende la conoscenza integrale dell’atto con cui è stato rilasciato il permesso. Secondo il CdS c’è piena conoscenza nel momento in cui si è consapevoli dell’esistenza del provvedimento e della sua potenziale lesività.
La consapevolezza dell’esistenza di un permesso, si legge nella sentenza, si ha dal momento in cui iniziano i lavori. I giudici hanno sottolineato che, data la vicinanza, i vicini avrebbero sicuramente notato la presenza del cartello, con i dati del cantiere, e lo stato di avanzamento dei lavori.
In conclusione, il CdS ha dichiarato che non basta essere vicini al cantiere per dichiararsi danneggiati dall’intervento edilizio. I danni, infatti, vanno dimostrati adeguatamente.
Con le suddette motivazioni, i giudici hanno respinto il ricorso.

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