La Cassazione, con la sentenza 1913/2019, ha spiegato quando richiedere il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di una piscina.
La realizzazione di una piscina richiede sempre il permesso di costruire. E’ quanto ha stabilito la Cassazione attraverso la sentenza 1913/2019, spiegando che la costruzione di una piscina crea inevitabilmente una nuova volumetria e si qualifica di conseguenza come nuova costruzione. Nel caso in cui la si voglia realizzare in una zona vincolata, invece, oltre al permesso di costruzione bisognerà essere in possesso anche dell’autorizzazione paesaggistica. Chiunque non sia in possesso dei permessi necessari è punito, oltre che con le dovute sanzioni, con l’obbligo di ripristinare lo stato dei luoghi. Secondo la Cassazione, la demolizione si può evitare qualora le opere rispettino determinati limiti superando l’accertamento di compatibilità paesaggistica da parte dell’autorità amministrativa, come previsto dall’articolo 167 del Codice dei Beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004). Tra le condizioni c’è quella di non creare una nuova volumetria con l’intervento realizzato, fattispecie che però non può essere rispettata dal momento in cui la giurisprudenza è concorde nell’affermare che sia impossibile evitare di creare una nuova volumetria. I giudici hanno infine ricordato che per valutare l’impatto prodotto sul paesaggio bisogna valutare l’intervento nel suo complesso.
Il caso
Nel caso preso in esame dalla Cassazione, il proprietario di un fondo situato in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico aveva realizzato tre strutture di 100, 200 e 360 metri quadri oltre ad una piscina interrata. Valutando le opere non singolarmente, ma nel loro complesso, era emersa in modo evidente la volontà di trasformare in modo permanente il suolo inedificato. Proprio in base a queste considerazioni, i giudici hanno confermato l’ordine di demolizione delle opere realizzate senza permesso.